Timor mundi (Macerie) – John W. Caster

febbraio 7, 2021

“Macerie. Quando uscimmo dai rifugi riscaldati a petrolio, le venuzze rosse dei nostri occhi trovarono ovunque solo macerie.
La navata laterale della Chiesa dei Miracoli era crollata in un colpo. La nostra era stata, invece, una decadenza progressiva, con cedimenti scanditi nel tempo. I nostri corpi portavano ora il peso stanco di infiniti pranzi, divenuti l’unico appuntamento quotidiano con la vita. Le nostre gambe muovevano a stento un passo e poi piano il successivo, dimentiche di cosa volesse dire procedere spediti, con naturalezza. In compenso le nostre falangi digitavano compulsive come galline fameliche a beccare una porzione di chicchi di grano senza mai fine.
Peggio stavano i nostri occhi. Persi nella doppia dimensione, appiattiti agli schermi, abbassati sempre, anche ora che eravamo fuori, sopra a una superficie tattile, a guardare, a guardare, a guardare. A scorrere, a cliccare, a guardare.
La permanenza prolungata nei rifugi angusti aveva ridotto le pretese di far chissà che a quella di accucciarsi come passivi spettatori dell’esistenza, delegata ad altri oltre lo schermo. Il proprio orizzonte della vita, da sconfinato che fu, si era raggrinzito e non superava il metro dal naso. Lo sguardo lungo al panorama che si stende infinito verso il mare o attraverso i corsi chilometrici e dritti dei paesaggi urbani oppure oltre la sommità brulla di un monte, quel modo di guardare lungo e di immaginare oltre, quel modo era desueto, perduto. In modo irreversibile, forse. Ci eravamo rovinosamente caduti addosso. Tanto da non sapere nemmeno più sotto quanti detriti ci eravamo ricacciati. Incapaci di sollevare lo sguardo oltre il naso, incapaci di sentire il fiato di un altro essere umano. Chiusi nella fissità delle nostre paure, nel nostro metro quadro di opinioni, a urlare contro chiunque provasse a dire un che di diverso. Sommersi sotto le nostre stesse macerie”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *