L’accolita di Kostas

settembre 1, 2019

Dimitri ha una faccia da messia, occhi rebetici e sempre la stessa polo rossa come la vendetta. É il meno anziano dei quattro e siede sul lato esterno a destra del tavolino, sempre nella stessa posizione. Come lui, così gli altri. Ognuno nella stessa posizione allo stesso tavolino da prima che finissero i colonnelli. Tutti i giorni, allo stesso bar, per ore e ore. Dimitri ha la febbre nella mani, le agita epilettiche mentre pronuncia come fosse nuovo il suo verbo di decenni. L’ouzo va allungato con un tintinnio di acqua misurata, sempre uguale, dopo ogni sorso, questo è il rituale, chi non lo segue é un traditore e andrebbe fucilato sul monte Athos e buttato a mare, senza neanche la carezza tardiva di una sepoltura, di un perdono postumo. Condannato per sempre, da vivo per poco, da morto senza scampo. Nonostante lui riesca a infervorarsi ancora con grande generosità, i suoi amici al tavolo ormai annuiscono stanchi, avviliti, definitivamente rassegnati a quella litania.

Aggiungono acqua ciascuno a modo suo, stancamente; Dimitri allora si scalda ancora di più,  qualche volta finisce che alza ancora la voce e dà addosso a qualcuno a caso dei suoi amici al tavolo. 

L’unico che può intervenire con autorevolezza e sapienza in questi casi é Kostas, il proprietario del Bar, lì, nella Piazza a Agios Nikolaos, poche curve reclinanti da Nikiti, Penisola Calcidica, Grecia d’Oriente.

Kostas ha la faccia attraversata da rughe profonde che gli mantengono un sorriso anche quando si indiavola, due occhi fondi come pozzi artesiani e una pancia tronfia su cui appoggiare le braccia tozze mentre prende le ordinazioni. 

Quando Dimitri attacca e va avanti molto a lungo, se si fa tardi e non se ne vede una soluzione, allora Kostas interviene, sempre alla stessa maniera. 

Viene da dietro al bancone con una bottiglia di quello buono e cinque bicchieri zigrinati che usa solo per rare occasioni. Sbatte la bottiglia sul tavolo e poi uno a uno i bicchieri. Tutti tacciono e lo osservano nella sua solennità. Kostas versa l’ouzo senza guardare i bicchieri, con sicurezza.  Mentre versa squadra a uno a uno i compari al tavolo. L’ultimo sguardo é per Dimitri. Poi alza il bicchiere, gli altri con lui, e fa qualcosa del tipo: Il rispetto é per gli amici, la verità governa i muli. Tutti annuiscono vistosamente, come si trattasse di una massima profonda, una saggezza di cui si avvertiva un bisogno.

Nessuno, in verità, capisce mai esattamente quello che vuole dire ma tutti convengono, alzano i calici convinti e si acquietano. Sanno che, dopo quello, é tempo di sciogliere il convivio e riaggiornarsi al giorno seguente. E si preparano per alzarsi e andare via.

Kostas sa che serve quel rituale per chiudere il giro. E sa che Dimitri é convinto che se tutti bevessero l’ouzo come deve essere fatto, il mondo sarebbe ben più organizzato e tutto andrebbe per il meglio. Sa che Dimitri considera che è dalla mancanza di ordine che nascono i problemi, in fondo se tutti bevessero veramente l’ouzo come si deve, se tutti lo avessero bevuto da sempre come si deve,  pensa Dimitri, sua moglie non sarebbe scappata di casa anni e anni prima con il suo vicino.

Questa é la pena che gli agita i pensieri. E tutto questo Kostas lo sa, più lucidamente dello stesso Dimitri.

Quello che non conosce, ogni volta, Kostas, é cosa dirà lui stesso quando apre bocca per invitare a un brindisi, per questo vengono fuori frasi che poi bene non si capiscono. Mentre rientra dentro al bar a portarsi i bicchieri scolati ci pensa, pensa a quanto lui possa dire qualsiasi cosa e gli amici per la sua autorevolezza confidano sempre nel fatto che siano loro a non aver capito, mai che sia lui, Kostas, ad aver proferito parole un poco a caso. Ci pensa e se ne sorride. Dimitri e gli altri, intanto, prima di congedarsi si scambiano anche loro un sorriso. Uno di quelli che richiamano una complice intesa, come di soddisfazione per aver ottenuto pure questa volta con un po’ di messinscena un giro gratis e di quello buono. Manco si ricordano a cosa hanno brindato, che importa. Chissà se Kostas sa anche questo. L’unica cosa sicura è che da dentro al bar a quel punto urla Yassas! E suona un poco come un affettuoso Ora andate a farvi fottere, brutti stronzi. Yassas! Domani si ricomincia.

 

Da “Siamo tutti greci” Giuseppe Zanetto

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