Fontamara, storia di un paese rurale che si fece letteratura universale

gennaio 6, 2022

Che regalo é poter leggere Fontamara, romanzo che vibra di tensione morale e di amara ironia, contiene una critica feroce al fascismo, al clericalismo, ai dominanti del tempo e restituisce in contrappunto la profonda dignità rurale, senza retorica, né romanticherie.

Sopra a tutti si staglia il ritratto del protagonista Berardo, forte come un toro,  segnato dalla malasorte, un gigante costretto a fronteggiare a mani nude preti che sostengono il potere più che il santo patrono, avvocati che ingannano l’affidamento che ne fa la gente povera, non istruita, abituata a patire. E poi ci sono il timoratodiDio Teofilo, la madonnale Elvira, il malfidato Don Circostanza che inganna la fiducia dei paesani e mantiene vivi i morti perché portino i voti, lo squalo Impresario, il compassionevole Baldissera, la torva Maria Rosa, madre di Berardo, il vecchio posato ma non troppo Zompa, la cantiniera Marietta Sorcanera (nomi ovviamente mai casuali), i miserabili Filippo il Bello e Innocenzo la Legge. E poi Venerdì Santo, Papasisto, Scarpone, Testone, Cipolla e tanti altri. Compresi i tre narratori, Giovanni, Mattale’ (Maddalena) e il figlio che si passano la parola con un espediente narrativo geniale. Come se sedessero tutti e tre intorno a un camino e stessero a raccontare da vicino la storia della loro vita al lettore ascoltatore. Tutto un microcosmo, insomma, come sono sempre i paesi.

Protagonisti sono i cafoni (raccontati da narratori cafoni), che se c’è una novità quel che temono é che ci sia da pagare, e se pure non c’è da pagare si tratterà comunque di un inganno, sicuro. Quel pessimismo radicato in chi è sempre stato sotto, per generazioni, e se qualche volta ha provato ad alzare la testa ha avuto il resto. Gente semplice che ha poche pretese, lavorare la terra, avere il necessario per campare. E pure quello non è per tutti, non è sicuro. Un paese, Fontamara, che come tutti i paesi, i grandi eventi mentre accadono, fino a che non ci sarà la televisione, neanche sa che esistono. Che non fa differenza tra questo governo e un altro, tanto quale governo mai ha ascoltato o si è interessato a loro? Se si interessano é solo per portare guai o altro da pagare. Così, cosa sia il fascismo lo scoprono piano piano. E intanto si possono assaporare pagine memorabili di contadini che provano a rispondere al panciuto fascista contornato da guardie in camicia nera Chi viva? Ma non rispondono come si pretenderebbe, come pure vorrebbero per non passare un guaio, rispondono altro non per espressa volontà, ma solo perché non sanno quale risposta vorrebbero quelli. E intanto vengono catalogati comunisti, anarchici, refrattari, perfidi, con dialoghi che formano da soli una lezione di politica, oltre che di grande letteratura.

Fontamara é un paese che somiglia a quello del suo autore, Ignazio Silone, antifascista, rivoluzionario, per un po’ esule, guardato di sbieco dalla critica organica del tempo, anche perché osò – pare – non conformarsi al Partito ad ogni costo, rimanendo un uomo libero. Il suo paese era Pescina, là pare ci sia una strada che porta a una fonte e che é chiamata per l’appunto Fontamara. Pescina é in Abruzzo ma potrebbe essere in qualsiasi altra regione, distante dai centri di potere. Silone parla di un posto piccolo ma con un respiro delle cose umane che é universale, tanto che da subito – appena assurto al successo – Fontamara fu tradotto in molteplici lingue, collocato sugli scaffali di Paesi, i più disparati, anche in Oriente. Ha un respiro largo, da grande romanzo, con uno stile suo riconoscibile, distinto. E contestualmente é un romanzo locale, se si vuole sentire un po’ di aria di paese abruzzese (e non solo) anche in questo caso non é a quel vate così illustre di Gabriele Rapagnetta D’Annunzio che occorrerà guardare ma ancora qui, a quel Secondino Tranquilli che volle farsi Ignazio Silone. E vi riuscì.

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