Itinerari. Dal Social Dilemma verso la nuova mappa del mondo. Con un milione nuovo, senza Marco Polo.

settembre 26, 2020

Imboccare Netflix e prendere “The Social Dilemma” un po’ documentario, un po’ drama, protagonisti sono ex personaggi di primo piano delle principali società nel settore digitale (Google, Facebook, Instagram tra gli altri). Nel tempo hanno maturato senso critico e ora denunciano l’eterogenesi dei fini di strumenti nati per collegare e ora sempre più usati per spiare, elaborare dati, determinare comportamenti (più che i robot che sembrano persone dovremmo forse occuparci delle persone che finiscono per essere ridotte a robot). 

Ci sono dentro anche suggerimenti che possono essere preziosi, per esempio: dispositivi (smartphone, tablet) fuori dalle camere da letto un certo tempo prima di dormire (mezz’ora?) come buona abitudine; dialogo con i figli piccoli per definire assieme il tempo di utilizzo dei dispositivi per giorno, di solito i minori propongono un tempo accettabile, inconsapevoli del fatto che in verità trascorrono on line molto tempo di più. E infine: nessuno di quegli aggeggi in mano ai minori prima delle superiori (piaceva dirla così, con uno stupido gioco di parole)

Salire quindi per i capitoli documentati de “Il capitalismo della sorveglianza”, scritto da Shoshana Zuboff che insegna ad Harvard e tradotto in italiano per la Luiss. Sarà così possibile scoprire che più che un prodotto, l’obiettivo sembra quello di rendere l’uomo da persona agente a un essere “agito”. 

Se mi infastidisce il colore beige mi potranno mostrare uno dei due candidati a rappresentante dell’universo vestito di quel colore. E un poco schiferò anche lui, magari voterò per l’altro. Se non ho colori che schifo, potranno associare magari in maniera più elaborata e articolata di come lo si riporta qui eh, quel che mi irrita (ci sarà pure qualcosa che mi irrita) e un colore. Finirà che quel pantone non sarà più neutro per me. Muoveranno qualcosa dentro di me, muoveranno magari proprio le mie gambe. 

Ci sono già state orde di adolescenti a invadere luoghi spesso impensabili alla ricerca di un pokemon go e ci sono state sommosse civili orchestrate con un uso criminoso del social network. (Per carità, passano anche cose bellissime dai canali digitali, neanche a dirlo, comprese rivolte sacrosante altrimenti quasi impossibili). I dispositivi diventano però prevalentemente sistemi di acquisizione dati, di controllo e di direzione delle masse. Più si capiscono i meccanismi di azione e di reazione che riguardano l’uomo e i rapporti con i suoi simili, più si affina un algoritmo che impara da quel che accade e dalle nostre reazioni, da lì va in profondità, sempre di più, inesorabilmente. Chi meglio capisce questi meccanismi vince. Più è vasto il numero di persone sulle quali si possono compiere questi esperimenti, maggiore è la quantità di esperimenti fatti e più elevato è il numero di ricercatori che li studiano, più facile sarà vincere. Il percorso è questo. Tappa per tappa, fino alla meta. 

Da lì condursi pertanto verso un approdo, direzione Rizzoli; prendere l’uscita de “l’Atlante del Mondo che cambia” di Maurizio Molinari. Grazie al neo direttore di Repubblica, lungamente esperto di scenari internazionali, si potrà agevolmente scoprire qualcosa che già si annusa ma che così in maniera netta forse difficilmente si era già evidenziata. Sul piano mondiale la Russia gioca la sua partita sporca, soprattutto con sistemi del secolo scorso (spionaggio, invasioni, tentativi di condizionare scenari politici in altri Stati, Italia compresa). La Cina gioca una partita diversa, più contemporanea. Non solo perché alle invasioni preferisce gli acquisti, ma soprattutto perché conduce la nuova guerra per gli equilibri mondiali fortemente sul fronte digitale. Controlla circa un miliardo di persone solo in casa propria. E lo fa fuori dai propri confini, con TikTok per dirne uno, vanto mondiale cinese tanto quanto Telegram lo è per la Russia. Lo fa con Huawey, Lenovo e tutte le aziende che hanno sede principale li, obbligate a condividere i dati con lo Stato cinese. E da qualche mese anche con aziende che hanno il quartier generale in Hong Kong, come WindTre. Il gigante cinese legge dati, spostamenti, movimenti della retina, preferenze politiche e sessuali. Conosce relazioni, abitudini, reazioni. Può sperimentare su un campione così vasto interno (un miliardo di persone) algoritmi sempre più capaci non solo di essere “predittivi” ma finanche “determinativi”. Non solo in grado di anticipare quello che accadrà nel comportamento dei singoli ma di suggerirlo, di definirlo. E contemporaneamente può poi spostare quanto sperimentato su platee più vaste, mondiali. Un numero sopra a tutto rende chiara la questione. L’Inghilterra è il Paese europeo che più di altri sta investendo su questo fronte, sul numero di persone, esperte, impiegate per l’affinamento progressivo dell’algoritmo o comunque di un sistema di algoritmi che configura il nuovo dio meccanico, capace di superare il dubbio. Un dio che prevede le cose così come andranno, nel tempo le determina, annulla qualsiasi rischio. È questo l’obiettivo finale. Sostituire il dubbio con la certezza, la certezza di poter determinare un evento, muovendo persone. In Inghilterra su questo fronte sono impiegati meno di 6mila professionisti. Tanti? Dipende. In Cina, in Cina, le persone impiegate –  verosimilmente con maggiore assiduità – sono un milione. Un mi-li-o-ne.  Escluse vie di fuga praticabili, cercare area riparata per qualche sosta ristoratrice, trattenersi a lungo. Riflettere. 

  

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