Letture in spiaggia. Simenon e l’esca del mediterraneo. Un libro buono da esibire.

agosto 27, 2019

Si deve essere divertito molto Georges Simenon a navigare per il Mediterraneo. Ne ha fatto articoli ben pagati, tanto più che pare non fosse propenso a far nulla senza che ne derivasse un ritorno. Ne ha quindi ricavato un libricino che li raccoglie “Il mediterraneo in barca”, corredato da allettanti foto di viaggio.

Resta che quando ci si diverte molto forse non è il caso di scrivere. O meglio: forse non è il caso di leggere cosa scrive qualcuno che lo fa mentre si sta divertendo molto a far altro.

Non per una – sana – invidia per quella condizione, per carità, piuttosto perché finisce per dire poco e nulla di veramente memorabile. Né viene in salvo la forma, salvo rare pagine di buona ispirazione, come quando appunta “Ci sono persone che vivono senza sapere di avere dei polmoni, che coltivano i loro campi senza conoscere le borse di Londra o di New York, che comprano asini senza preoccuparsi del loro rendimento in cavalli -vapore, che fabbricano vasi come al tempo dei greci, senza sospettare di star creando dei capolavori”.

Per il resto poco ne rimane. Di là da portare la cassata come il miglior gelato al mondo (negli anni Trenta era anche un gelato?) O ancora di raccontare – lui, belga –  i popoli del mediterraneo sostanzialmente come dei fannulloni, che se proprio hanno da faticare appena possono fanno in modo che siano altri a farlo al posto loro, aristocraticamente. Oltre alcune narrazioni su Messina e le stratificazioni storiche e altre amenità che magari appaiono banali oggi e allora non lo erano, cosa ne resta?

Simenon ha finanche un cedimento quando riporta come il più banale sensazionalista di frontiera, come se scrivesse oggi su “Chi”, un episodio occorso a un capitano di ventura ora taciturno.

E che dire della definizione di Mediterraneo a lungo ricercata e che infine approda a un perdibilissimo “campo di golfi”. “Campo di golfi”, bah.

Ha giusto un paio di riprese, sul finale, con un aneddoto che vale la sensazione del mediterraneo, tra larve e senso della pesca come piccola metafora della vita o almeno di un modo di intendere la vita. Il conto che corre lungo la “filiera corta della pesca” ha evidenti inefficienze dalla vendita delle esche al tirar su donzelle e tordi pavone.

Affidata all’american way, finirebbe per subire sapienti correttivi economico organizzativi, tali di creare enormi disastri, perché la pesca è qualcos’altro e qualcosa di più dal portar a casa la cena. Quello vale e resta una riflessione attualissima.

Per il resto tanti puntini sospensivi, come è d’uso far l’autore.

E un consiglio: procuratevene una copia. Prendete “Il Mediterraneo in barca” e mettetevi comodi in spiaggia. Tenete la copertina in bella vista e vedrete un susseguirsi di segnali di intesa, di favorevole curiosità, di una qualche forma di complicità o benevolenza. Non importa che abbiate nessuna intenzione di fare il giro del mediterraneo in barca, non importa nemmeno che amiate in generale la barca, né tanto meno Simenon. Non è rilevante nemmeno se siate stati voi a comprare il libro o se vi sia capitato a tiro e vi abbia fatto curiosità. Potrebbe finanche essere poco rilevante che veramente lo leggiate o che figuri solo come copertura per un sudoku ben nascosto nel mezzo.

La barca, il mediterraneo, Simenon e una copertina con una carta nautica di quelle antiche, eleganti, molto più di quelle che hanno fatto la fortuna di una costosa marca di borse, vi farà apparire come i naviganti più navigati, i lettori più ricercati, trasfigurazioni contemporanee di avventurieri colti e di lungo corso. Quelli dei romanzi e dei film e delle serie televisive più romantiche che raccolgono consensi,  sorrisi e languori tra donne di tutte le latitudini e di tutte le età. Questa è probabilmente la cifra maggiore del libricino. E forse Simenon – o almeno il suo editore – lo sospettava già.

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