Il 1966, le vacanze e i tornanti irpini

agosto 4, 2020

1966. Alla radio impazzano “Bandiera gialla” e “Yellow submarine”, un anno giallo. Il campionato di calcio è dominato per il secondo anno consecutivo dall’Inter del mago Herrera, che si impone davanti al Bologna e al Napoli di Altafini e Sivori (patron: Achille Lauro, quello che comanda e si fa sindaco, dando una scarpa prima e una dopo le elezioni; niente a che vedere con il giovanotto millefurbizie considerato il nuovo idolo del pop rap shock #ohsignoramiahavisto? contemporaneo).

Nel 1966 in Texas si esegue il primo trapianto di cuore artificiale, nei cinema impazza Tutti assieme appassionatamente, film musicale con dentro “My favorite things” già resa immortale da John Coltrane.

A Torino, intanto, diventa Presidente della Fiat un tale Agnelli Giovanni detto Gianni, a Milano nasce per fusione la Montedison, divenuta poi famigerata per via della madre di tutte le tangenti e dei dubbi sul suicidio del rampante suo scalatore: Raul Gardini.

Sempre nel ‘66 viene adottata definitivamente in Italia l’ora legale e per la prima volta diventa illegale la pratica di sequestrare una ragazza come modo spiccio per convolare a nozze. Franca Viola, infatti, rapita nel dicembre precedente in Sicilia, sotto il cielo d’Alcamo, vi si oppone e si fa simbolo di libertà al femminile.

Per altri diritti ci vorrà tempo: sempre nel 1966 per una presa di posizione netta a favore dell’obiezione di coscienza, Don Milani è duramente contestato dentro la Chiesa Cattolica Cristiana. Sarà finanche condannato dallo Stato Italiano l’anno seguente, con pena estinta per morte del reo.

Non è un anno che rimane memorabile per buone nuove, il 1966. In Italia evoca sopra a tutto l’alluvione di Firenze del 4 novembre, con i soccorsi pubblici che arrivano tardi e male organizzati e i volontari giunti da ogni dove, meritevolissimi, diventati “angeli del fango”, con quel gusto mediatico per la retorica che appiana anche tanta rabbia.

In un angolo remoto dell’Irpinia, intanto, nel 1966, ad Aquilonia, come riporta nel bel reportage il giovane Raffaele Fiengo cronista per la “Tribuna Illustrata – il più antico settimanale italiano”, la vettura coincide ancora con la mula, le monete circolano poco mentre quasi tutto si scambia con il baratto, nelle case che dovevano essere ricoveri provvisori vivono assieme, ammassati, animali e cristiani, gli analfabeti completi sono il 20% della popolazione, moltissimi altri sanno fare solo la firma. Per agevolare l’irrigazione dei campi ci sarebbe una diga, due miliardi di investimenti circa, ma non è funzionante, problemi con un lastrone. E manca una via annessa che colleghi da lì al paese limitrofo, Monteverde, riducendo alla metà i tempi di percorrenza. Tocca ancora girarci attorno. Non va meglio dall’altra parte. I lavori per la strada che dovrebbe portare allo scalo di Aquilonia sono cominciati nel 1960. I fondi stanziati sono cospicui: 120 milioni di lire, soldi sufficienti a completarla lastricandola di monete da cento lire, dice il sindaco di allora, il 34enne Giuseppe Iannece. Ma ancora niente. Dal 1966 tantissime cose sono cambiate, l’obiezione di coscienza c’è stata e poi c’è stata l’abolizione della leva, i campi possono essere irrigati in maniera automatizzata ma per lo più sono abbandonati, le auto imperversano in Irpinia da decenni anche più che altrove. Quel che non è cambiata molto è la condizione della viabilità. Che ad Aquilonia si arrivi attraverso strade malmesse comincia a diventare un tratto distintivo storico. Per gli emigrati che scendono per agosto e fanno gli ultimi tornanti sonnecchianti, una strada un po’ dissestata, una buca, è una sorta di benvenuto, un avviso, come a dire la meta è vicina. Prima o poi spunterà qualcuno che vorrà tutelarle così, le strade. Come una tradizione.

 

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