In lode a “Lo chiamavano jeeg robot”

marzo 5, 2016

É fondamentalmente un film di “riscatto” di uno che all’inizio pensa solo a sé e poi rischia la vita per gli altri. La trama non è scontata. É scritto molto bene e niente è lasciato al caso. I personaggi sono coerenti e credibili, nella loro originale identità. Gli attori bravi. Santamaria – affatto evitabile a teatro – qui si fa eroe coatto – antisexsymbol. Luca Marinelli é un joker incastrato dentro al suo stesso personaggio di genio del male, faccia che rimane, Ilenia Pastorelli ha un ruolo complesso, violata, infantile, ma che ha così conservato sensibilità alle cose del mondo. E lo rende.
Difficile ascrivere il film a genere specifico. Sembra più il bozzolo di uno stile nuovo, un poco fumetto, un poco Kill Bill, un poco periferia romana e poesia triste con echi pasoliniani.
Dentro al film ci sono due filoni, uno completamente fuori dalla realtà. L’altro é il vero fil rouge attorno al quale il primo si intreccia e tiene dentro i grandi drammi contemporanei: l’inquinamento, la violenza, il disagio sociale, la criminalità macro e micro, le violenze sessuali – per di più in famiglia -l’apparizione televisiva e l’apparenza complessiva come ragioni di vita, la difficoltà a manifestare sentimenti e sensibilità.
Nonostante diverse scene da ridere é un film che lascia un senso amaro di fondo e un invito a guardare alla vita e a quel che ciascuno fa in un’ottica di comunità. Al netto del volto salvifico dell’eroe, relegato per sempre a consolazione infantile.
Bravi.

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